Critic Opera Click: “Sibelius and Tchaikovsky" concert

Critic Opera Click: “Sibelius and Tchaikovsky" concert

 
Phutthamonthon - Prince Mahidol Hall: Thailand Philharmonic Orchestra con Ligia Amadio e Elvin Ganiyev
Si trova a trenta minuti di macchina da Bangkok, nella attigua provincia di Nakhon Pathon, una delle più affascinanti sale da concerto della Thailandia. Non solo per l'acustica – eccezionale! – ma per la location nel suo insieme: immersa nel campus universitario della Mahidol University, la Prince Mahidol Hall si trova in mezzo a un parco dove l’unico “disturbo” alla contemplazione (silenziosa e/o musicale) è il canto degli uccelli. Un parco che val bene una visita prima o dopo il concerto: si chiama Musica Arboretum ed è una sorta di museo di millecinquecento specie di alberi utilizzati per costruire strumenti musicali. Nell’area sono disseminate anche sculture (realizzate da artisti italiani, n.d.r.) di strumenti musicali, tra cui il violoncello di Pra Jenduriyanga, ovvero colui che introdusse la musica occidentale in Thailandia.In questa location così carica di quiete, in un paese dove sorridere al prossimo è la normalità, è possibile ascoltare musica di ottimo livello; ennesima dimostrazione che la musica non è solo il più universale dei linguaggi, ma una forza di attrazione che ci unisce tutti a prescindere dalle differenze culturali. È una piccola stagione quella approntata dalla giovane – ma già molto quotata, anche internazionalmente – Thailand Philharmonic Orchestra. Fondata nel 2005, è composta da musicisti provenienti da più di venti nazioni, con più di dieci dischi all’attivo e collaborazioni con artisti di caratura internazionale (tra i quali segnaliamo Emanuele Arciuli, il prossimo 22 marzo). Confessiamo che il concerto a cui abbiamo assistito all’inizio ci pareva poco interessante: troppo scontato il programma, con il Concerto per violino di Sibelius e la Quarta sinfonia di Čajkovskij. E invece è doveroso un mea culpa: anzitutto perché, per quanto “mainstream” i suddetti Sibelius & Čajkovskij sono comunque dei capolavori immensi; in secondo luogo perché le interpretazioni che ci hanno donato i due artisti ospiti insieme all’orchestra sono state di inattesa profondità e raffinatezza.E anche Skyline, il breve lavoro di Jennifer Higdon in apertura di programma è stata una piacevole sorpresa, sorta di soundscape dal sapore di Aaron Copland e Samuel Barber con aggiornamenti al XXI secolo. Il brano, primo movimento della sinfonia City Scape, è stato scritto nel 2002 su commissione della Atlanta Symphony Orchestra e vuole rendere un’immagine sonora della città in cui Higdon ha trascorso parte della giovinezza, del suo profilo fatto di palazzoni di cemento e di monumenti in costante mutamento eppure sempre personale e riconoscibile. Ligia Amadio dal podio conduce con gestualità tranquilla e serafica una composizione in cui predominano gli ottoni chiassosi, alternandosi ai legni leggiadri su un tappeto di archi.Ed eccoci al Sibelius già accennato: violino solista è il giovane Elvin Ganiyev, il quale attacca il tema iniziale con un tocco leggerissimo, esaltandone la bellezza. Violinista dal timbro morbido, dà l’impressione di suonare solo per sé stesso, nell’intimità del suo studiolo. Si esprime con arcate lente e interminabili, come a voler dilatare il tempo delle cadenze e assaporarne ogni nota. Anche per questo motivo, forse, appare claudicante nei passaggi più veloci, con dei legati non sempre perfetti e terminando quasi sotterrato dall’orchestra nel crescendo finale del primo movimento. Ma è anche il motivo per cui un’interpretazione così lirica e densa di emozioni non ci era mai capitato di sentirla.Ganiyev non è certo un violinista virtuoso, sebbene l’encore da Ysaÿe che ha concesso ci smentisca parzialmente. Il suo pregio è la capacità di scavare nell’intimità della parte, fino a rendere musica le sensazioni che essa gli provoca. Cosa che, considerata la notevole difficoltà tecnico-esecutiva di questo concerto, ci sembra nient’affatto banale. E un Sibelius così intimo non ci era mai capitato di ascoltarlo. La seconda metà della serata è dedicata a Čajkovskij e alla sua Quarta sinfonia, quella del Fatum, “forza inesorabile che impedisce alle nostre speranze di felicità di avverarsi”, come scrisse lui stesso in una famosa lettera alla sua mecenate Nadežda von Meck. Eppure nella direzione di Amadio sembra inculcarsi una nota di speranza, magari flebile, ma c’è. Il suo gesto è ordinato, chiaro e semplice; si aiuta con la bacchetta in tre movimenti, mentre preferisce avere le mani libere nell'Andantino, come a voler dare forma essa stessa alla malinconia che pervade questo secondo movimento.Attenta a bilanciare le masse sonore, l'orchestra risponde con buona precisione alle sue indicazioni, con crescendo agogici che sfiorano l'ebbrezza emotiva e un suono pulito, morbido e dettagliato. È vero che in questo, come in molti altri casi, il merito va condiviso con la bellezza della scrittura čajkovskijana; ma l’atto collettivo del suonare che la Thailand Philharmonic Orchestra ha portato sul palcoscenico non ha nulla da invidia a compagini ben più blasonate. L’insieme è compatto, la musica travolgente, quasi liberatorio il finale nella sua energicità. Applausi calorosi al termine da parte di un pubblico entusiasta. All’uscita c’è chi fa la coda per ricevere un autografo sul programma di sala. Altri si recano silenziosi ad ascoltare altra musica: il canto degli uccelli attorno al laghetto del Musica Arboretum.La recensione si riferisce al concerto del 8 febbraio 2025.
Phutthamonthon - Prince Mahidol Hall: Thailand Philharmonic Orchestra con Ligia Amadio e Elvin Ganiyev
 
 
notion image
Critic by Emiliano Michelon for Opera Click, on February, 2025.
notion image
notion image
 
 

ENGLISH

 

Prince Mahidol Hall: Thailand Philharmonic Orchestra with Ligia Amadio and Elvin Ganiyev

 
Located just a thirty-minute drive from Bangkok, in the neighboring province of Nakhon Pathon, is one of Thailand’s most fascinating concert halls. Not just for its exceptional acoustics but also for the location as a whole: nestled within the Mahidol University campus, the Prince Mahidol Hall is surrounded by a park where the only "disturbance" to contemplation (silent and/or musical) is the song of birds. The park itself is well worth a visit before or after the concert—called the Musica Arboretum, it serves as a sort of museum showcasing 1,500 species of trees used to build musical instruments. Scattered throughout the area are also sculptures (crafted by Italian artists, editor’s note) of musical instruments, including the cello of Pra Jenduriyanga, the man who introduced Western music to Thailand.
In this serene setting, in a country where smiling at others is the norm, one can listen to high-quality music—yet another demonstration that music is not only the most universal of languages but also a force of attraction that unites us all, regardless of cultural differences. The Thailand Philharmonic Orchestra, a young but already highly regarded ensemble—even internationally—has put together a small yet impressive season. Founded in 2005, the orchestra is composed of musicians from more than twenty countries, with over ten recordings to its name and collaborations with internationally renowned artists (including Emanuele Arciuli, scheduled to perform on March 22).
We must admit that, at first, the concert we attended seemed rather uninteresting: the program felt too predictable, featuring Sibelius’ Violin Concerto and Tchaikovsky’s Fourth Symphony. However, we must issue a mea culpa: first, because, mainstream or not, Sibelius and Tchaikovsky are still towering masterpieces; second, because the interpretations delivered by the two guest artists together with the orchestra turned out to be unexpectedly profound and refined.
Even Skyline, the short work by Jennifer Higdon that opened the program, was a pleasant surprise—a kind of soundscape with flavors of Aaron Copland and Samuel Barber, updated for the 21st century. The piece, which serves as the first movement of the symphony City Scape, was written in 2002 on commission from the Atlanta Symphony Orchestra and aims to create a sonic portrait of the city where Higdon spent part of her youth—its skyline of concrete skyscrapers and ever-changing monuments, always personal and recognizable. From the podium, Ligia Amadio led with a calm and serene conducting style, navigating a composition dominated by bold brass sections, alternating with delicate woodwinds over a foundation of strings.
And then, we arrived at the much-anticipated Sibelius. The soloist was the young Elvin Ganiyev, who began the opening theme with an incredibly light touch, highlighting its beauty. A violinist with a soft, intimate sound, he gave the impression of playing solely for himself, as if in the solitude of his practice room. His phrasing was marked by slow, endless bow strokes, as if stretching time to savor every note. Perhaps for this reason, he seemed somewhat unsteady in faster passages, with slurred notes that were not always perfect, and he was nearly drowned out by the orchestra in the final crescendo of the first movement. However, this same approach also made his interpretation uniquely lyrical and emotionally rich.
Ganiyev is certainly not a virtuoso violinist, though his encore performance of Ysaÿe partially contradicted this impression. His true strength lies in his ability to delve into the soul of the music, transforming its emotions into sound—an achievement that, given the technical and interpretative difficulty of this concerto, is anything but trivial. We had never heard a Sibelius rendered with such intimacy before.
The second half of the evening was dedicated to Tchaikovsky and his Fourth Symphony, the "Fatum" symphony—the "inescapable force that prevents our hopes for happiness from coming true," as the composer wrote in a famous letter to his patron Nadezhda von Meck. Yet, in Amadio’s interpretation, a glimmer of hope seemed to emerge—perhaps faint, but present. Her conducting was orderly, clear, and simple; she used the baton for three of the movements but preferred to conduct the Andantino with her hands alone, as if sculpting the melancholy that pervades the second movement.
Carefully balancing the orchestral forces, the ensemble responded precisely to her direction, with dynamic swells that approached emotional ecstasy and a sound that was clean, warm, and detailed. Of course, part of the credit must go to Tchaikovsky’s exquisite orchestration, but the Thailand Philharmonic Orchestra’s collective performance on stage left nothing to envy in comparison to more prestigious ensembles. The orchestra played as a cohesive whole, the music was electrifying, and the finale—energetic and almost cathartic—was met with thunderous applause.
At the end of the concert, the enthusiastic audience gave warm ovations. Some queued up to get an autograph on the program booklet, while others silently made their way to listen to yet another kind of music—the song of the birds around the lake at the Musica Arboretum.
This review refers to the concert held on February 8, 2025.
Emiliano Michelon
 
 

PORTUGUÊS

 

Prince Mahidol Hall: Orquestra Filarmônica da Tailândia com Ligia Amadio e Elvin Ganiyev

 
Localizada a trinta minutos de carro de Bangkok, na província vizinha de Nakhon Pathon, uma das salas de concerto mais fascinantes da Tailândia. Não apenas a acústica – excelente! – mas para a localização como um todo: imerso no campus universitário da Mahidol University, o Prince Mahidol Hall está localizado no meio de um parque onde a única “perturbação” à contemplação (silenciosa e/ou musical) é o canto dos pássaros. Um parque que vale muito a pena visitar antes ou depois do concerto: chama-se Musica Arboretum e é uma espécie de museu com mil e quinhentas espécies de árvores usadas na construção de instrumentos musicais. Também espalhadas pela área estão esculturas (feitas por artistas italianos, nota do editor) de instrumentos musicais, incluindo o violoncelo de Pra Jenduriyanga, o homem que introduziu a música ocidental na Tailândia. Neste local tão cheio de tranquilidade, numa cidade onde sorrir para os outros é a norma, é possível ouvir excelente música; mais uma demonstração de que a música não é apenas a mais universal das linguagens, mas uma força de atração que nos une, independentemente das diferenças culturais. É uma pequena temporada que a jovem – mas já muito respeitada, também internacionalmente – Orquestra Filarmônica da Tailândia preparou. Fundada em 2005, é composta por músicos de mais de vinte nações, com mais de dez álbuns lançados e colaborações com artistas internacionais (entre os quais destacamos Emanuele Arciuli, no próximo dia 22 de março). Confessamos que o concerto que assistimos no início não nos pareceu muito interessante: o programa era muito óbvio, com o Concerto para Violino de Sibelius e a Quarta Sinfonia de Tchaikovsky. E em vez disso é necessário um mea culpa: em primeiro lugar porque, por mais “mainstream” que sejam os já mencionados Sibelius e Čajkovskij, continuam a ser imensas obras-primas; em segundo lugar porque as interpretações que os dois artistas convidados nos deram juntamente com a orquestra foram de uma profundidade e refinamento inesperados. E até mesmo Skyline, o curta de Jennifer Higdon que abriu o programa, foi uma surpresa agradável, uma espécie de paisagem sonora com um toque de Aaron Copland e Samuel Barber, com atualizações para o século XXI. A peça, o primeiro movimento da sinfonia City Scape, foi escrita em 2002 por encomenda da Orquestra Sinfônica de Atlanta e tem como objetivo transmitir uma imagem sonora da cidade onde Higdon passou parte de sua juventude, seu horizonte feito de edifícios e monumentos de concreto que estão em constante mudança, mas sempre pessoais e reconhecíveis. Do pódio, Ligia Amadio conduz com gestos calmos e seráficos uma composição em que predominam ruidosos instrumentos de sopro, alternados com graciosas madeiras sobre um tapete de cordas. E aqui estamos no Sibelius já mencionado: o violino solo é do jovem Elvin Ganiyev, que ataca o tema inicial com um toque muito leve, realçando sua beleza. Violinista de timbre suave, ele dá a impressão de tocar apenas para si mesmo, na privacidade de seu estúdio. Ela se expressa com arcos lentos e intermináveis, como se quisesse dilatar o tempo das cadências e saborear cada nota. Talvez também por isso, apareça claudicante nas passagens mais rápidas, com legatos nem sempre perfeitos e terminando quase soterrada pela orquestra no crescendo final do primeiro movimento. Mas é também a razão pela qual nunca ouvimos uma interpretação tão lírica e emocional antes. Ganiyev certamente não é um violinista virtuoso, embora o bis de Ysaÿe que ele concedeu contradiga isso parcialmente. Sua qualidade é a capacidade de mergulhar na intimidade da peça, a ponto de transformar em música as sensações que ela provoca. O que, considerando a notável dificuldade técnico-executiva deste concerto, não nos parece nada trivial. E nunca ouvimos um Sibelius tão íntimo. A segunda metade da noite é dedicada a Tchaikovsky e sua Quarta Sinfonia, a de Fatum, “uma força inexorável que impede que nossas esperanças de felicidade se tornem realidade”, como ele mesmo escreveu em uma famosa carta à sua patrona Nadezhda von Meck. No entanto, a direção de Amadio parece incutir uma nota de esperança, talvez fraca, mas está lá. Seu gesto é ordenado, claro e simples; ele se ajuda com a batuta em três movimentos, enquanto prefere ter as mãos livres no Andantino, como se quisesse dar forma à melancolia que permeia esse segundo movimento. Cuidadosa no equilíbrio das massas sonoras, a orquestra responde com boa precisão às suas indicações, com crescendos agógicos que beiram a embriaguez emocional e um som limpo, suave e detalhado. É verdade que neste, como em muitos outros casos, o crédito deve ser compartilhado com a beleza da escrita de Tchaikovsky; mas o ato coletivo de tocar que a Orquestra Filarmônica da Tailândia trouxe ao palco não tem nada a invejar de grupos muito mais ilustres. O conjunto é compacto, a música é avassaladora